Psicologia: Disturbi dell’Umore
Depressione, Distimia, Mania, Ciclotimia, Bipolarismo
Corso Psicologia Clinica 2, Lezione 12, Appunti
In quest’ultima parte delle lezioni ci occuperemo della patologia secondo il DSM-IV, nello specifico studieremo le definizioni, la diagnosi e il trattamento dei diversi disturbi relativi sia all’Asse I che all’Asse II.
Partiremo dai disturbi dell’Asse I rispetto ai quali ci occuperemo della eziologia e degli aspetti psicodinamici di ciascuno di essi, delle diverse tipologie e fenomenologie e dei relativi criteri diagnostici utilizzati in ambito psichiatrico appunto dal DSM-IV, delle diverse fenomenologie sintomatologiche e le relative forme di intervento, da quella farmacologica a quella psicoterapeutica, e, all’interno di questo capitolo, conosceremo le diverse forme di psicoterapia applicabili per ciascun disturbo.
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Secondo il DSM-IV una diagnosi di ciclotimia deve basarsi sui seguenti criteri:
Almeno 2 anni durante i quali ci siano stati numerosi periodi caratterizzati da sintomi ipomaniacali e numerosi periodi caratterizzati da depressione o perdita di interesse o incapacità di provare piacere.
Nessun periodo superiore ai 2 mesi durante i quali non si siano registrati sintomi ipomaniacali o depressivi.
L’assenza di episodi di depressione maggiore, di mania o misti nei primi 2 anni successivi all’insorgere del disturbo.
Che i sintomi non siano riconducibili ad un disturbo schizofrenico o psicotico.
E che i sintomi non siano imputabili agli effetti diretti di un farmaco, di una droga illegale o di una condizione clinica.
E infine che ci sia una profonda sofferenza e compromissione della capacità di svolgere le normali attività quotidiane.
Per quanto riguarda i trattamenti terapeutici l’Istituto nazionale di salute mentale Americana ha messo a punto una forma di psicoterapia espressiva (IPT), una sorta di versione modificata della psicoterapia psicodinamica, come trattamento elettivo dei disturbi dell’umore.
Il collaborative study NIMH dell’istituto nazionale di salute mentale ha chiaramente dimostrato che 16 settimane di questo trattamento erano state più efficaci del placebo nell’alleviare la depressione, soprattutto nel caso di forme depressive gravi, questo studio compiuto alla fine degli anni ‘90 ha dimostrato una notevole validità nella prevenzione degli episodi ricorrenti nei pazienti con depressione unipolare (Frank et al., 1989).
Sebbene questo tipo di trattamento non venga sempre identificato come una forma di psicoterapia supportiva psicodinamicamente orientata in realtà l’IPT può essere considerata come tale, è stata elaborata partendo dall’assunto teorico per cui la depressione si verifica in un contesto interpersonale e migliorerà con il miglioramento delle relazioni (Elkin et al., 1985).
L’IPT deriva appunto esplicitamente da un modello psicodinamico, sebbene il focus sia più interpersonale piuttosto che intrapsichico.
Gli interventi tendono ad essere non interpretativi, sono focalizzati più sul qui-e-ora della relazione con il terapeuta piuttosto che sulle esperienze che il soggetto ha vissuto in età infantile.
In particolar modo nel corso dell’ITP vengono identificate 4 aree di problemi fondamentali:
Il terapeuta aiuta attivamente il paziente a sviluppare delle strategie per affrontare i problemi in ciascuna di queste quattro aree, fornendo rassicurazioni e anche una certa educazione relativamente alle abilità che il soggetto può avere rispetto alla risoluzione dei problemi e quindi del problem solving.
Da una posizione neutrale il terapeuta consente al paziente di identificare le tematiche da discutere in ciascuna seduta e poi offre il proprio punto di vista in maniera piuttosto moderata, il terapeuta è più attivo e più pratico rispetto a quanto non lo sia di solito in una forma di psicoterapia espressiva e l’approccio tecnico non è guidato da un obiettivo di cambiamento profondo della personalità piuttosto il cambiamento viene ricercato attraverso “l’educazione del paziente”., cercando di combattere la demoralizzazione, la manipolazione sociale, e quindi attraverso il problem solving, il terapeuta rivolge la propria attenzione ai conflitti psicologici sottostanti solo qualora il lavoro rispetto a questi livelli va in stallo, si blocca, oppure qualora il paziente mostri delle forti resistenze alla terapia.
Per quanto riguarda in generale i trattamenti terapeutici e soprattutto i principi che possono ispirare appunto gli aspetti terapeutici dei disturbi dell’umore la letteratura relativa alle ricerca su specifiche tecniche di trattamento per la depressione è abbastanza ridotta, pur tuttavia fornisce delle prove convincenti dell’efficacia della psicoterapia di derivazione psicodinamica.
L’abbondante letteratura clinica sul trattamento dei disturbi affettivi dà corpo ai dati della ricerca con ricche descrizioni di materiale clinico che coglie un sentimento di essere lì con il paziente, poiché i principi generali che emergono da questa letteratura sono applicabili sia al trattamento ospedaliero che alla psicoterapia verranno trattati in maniera trasversale.
Per quanto riguarda la mania il trattamento del paziente bipolare è in qualche modo più lineare del trattamento del paziente unipolare, infatti in larga misura i pazienti maniacali non traggono beneficio dagli interventi psicoterapeutici fino a quando non sono sotto controllo farmacologico.
La stessa natura della posizione difensiva maniacale porta al diniego di qualunque problematica psicologica, ed è dunque difficile potersi costruire un passaggio o un accesso a questo tipo di paziente rispetto al diniego soprattutto quando questi è nel pieno dell’esplosione dell’episodio maniacale, in un secondo momento e quindi dopo la stabilizzazione farmacologica, una psicoterapia di natura supportivo-espressiva può giocare un ruolo chiave sotto numerosi e diversi aspetti.
Innanzitutto portando alla luce dei problemi relativi all’aderenza del paziente alla terapia farmacologica richiedendo da questo punto un’esplorazione psicoterapeutica prima ancora del trattamento vero e proprio.
Inoltre un lavoro psicoterapeutico in un momento in cui il paziente si trovi nella fase eutimica della malattia può essere utile nel prevenire ulteriori episodi maniacali oppure depressivi.
Per quanto riguarda la depressione vera e propria, contrariamente a quanto si ritiene abitualmente, l’utilizzazione degli approcci psicodinamici relativamente alla depressione non si limita alle forme più lievi, nevrotiche della condizione clinica, l’intervento psicoterapeutico può in effetti essere essenziale nel trattamento delle forme più gravi, persino quelle psicotiche della depressione soprattutto nei casi in cui i trattamenti somatici sono stati inefficaci oppure sono stati rifiutati dal paziente.
In uno studio della fine degli anni ’70 Arieti presentò la psicoterapia intensiva di 12 pazienti gravemente depressi, per i quali disponeva di dati di follow-up relativi ad un periodo di 3 anni o più: 7 pazienti mostrarono un recupero totale e completo mentre gli altri 4 migliorarono sostanzialmente.
Il terapeuta dovrebbe sempre seguire alcuni principi di tecnica e questo indipendentemente dalla gravità della depressione:
– ovviamente il primo passo è come sempre la costruzione dell’alleanza terapeutica;
– dal punto di vista tecnico il clinico semplicemente ascolta il paziente empatizzando con il suo punto di vista, i terapeuti che lavorano con questi pazienti in genere lavorano nella comprensione e nella comunicazione dei motivi per cui si può essere depressi;
– possono infatti condividere il dolore della depressione chiedendo però allo stesso tempo l’aiuto del paziente per una ricerca in collaborazione delle cause sottostanti la depressione;
– ancora secondo Arieti l’approccio iniziale dovrebbe essere supportivo ma fermo (Arieti, 1977; Lesse, 1978).
La Jacobson mise in evidenza che alcuni pazienti depressi possono instaurare un circolo vizioso che allontana i loro congiunti proprio nel momento in cui essi hanno maggior bisogno del loro sostegno e del loro supporto.
I coniugi dei pazienti aventi queste caratteristiche, come viene evidenziato dalla clinica, spesso mettono in atto dei meccanismi di rifiuto per cui possono iniziare a comportarsi crudelmente o con negligenza come risultato dei loro propri sentimenti di inadeguatezza, ferendo i pazienti che proprio quando questi sono maggiormente bisognosi e vulnerabili.
I terapeuti possono cadere in un simile schema divenendo sarcastici o freddi perché i pazienti rifiutano ripetutamente il loro aiuto.
Infine gli autori di approccio psicodinamico hanno evidenziato come nella depressione vi sia un diffuso sentimento di perdita emozionale, dell’oggetto relazionale, con relativi sentimenti di angoscia e difese maniacali.
Un aspetto clinico di particolare importanza è dato dalla continua tensione che il paziente esprime anche nella relazione con il terapeuta fra gli ideali e la realtà, tale tensione produce nella persona con depressione dei piani di vita irrealizzabili, dei profondi sentimenti di impotenza, e l’illusoria ed eccessiva, a volte contrastante rispetto ai sentimenti soggiacenti, euforia, e ciò appunto ad evidenziare quella forte problematica dell’autostima e la consequenziale problematicità delle relazioni interpersonali.
Questo fa sì che oltre alla sintomatologia e alla prognosi che ogni disturbo comporta uno dei rischi più grandi legati ai disturbi dell’umore sia spesso la tendenza al suicidio nei pazienti con questo tipo di sofferenza.
Gli interventi terapeutici per questo tipo di disturbi richiedono l’integrazione della terapia farmacologica, soprattutto il Litio e la psicoterapia psicodinamica, in particolare di tipo supportivo- espressivo.