Il padre in psicoanalisi
Dal padre che pone limiti e regole al papa mammo
La psicoanalisi, fin dagli albori, ha preso in esame la figura del padre come colui che pone dei limiti e delle regole, contro le quali prima o poi nel suo sviluppo il figlio si confronta/scontra.
Se sei interessato a scoprire qualcosa di più del punto di vista psicoanalitico della figura del padre leggi l’articolo. Ci vorranno pochi minuti. Cercherò di passarti solo i concetti principali in modo semplice e diretto.
Per intanto grazie per la visita
Freud colloca nella figura del padre il promotore del conflitto:
il figlio è colui che affrontando e superando il conflitto ottiene il premio della crescita.
Lasciamo per un attimo i nostri giorni fluidi e torniamo all’epoca di Freud. Nella società all’epoca di Freud era lampante come la figura del padre rappresentasse la legge e la tradizione ed è in questo contesto che lo psichiatra viennese colloca la sua rilettura del mito di Edipo.
A partire dagli anni del ’68, la contestazione nei confronti delle strutture di autorità ha finito per erodere la granitica solidità che era implicita nella figura paterna, fino a provocarne la dissoluzione.
Il binomio padre-autorità è stato duramente attaccato e si è arrivati ad affermare che siamo in una società senza padre, senza padri in senso lato.
Per il momento il padre-padrone di un secolo pare aver lasciato il posto al nulla.
Capita di incontrare delle persone che dicono di essere cresciuti senza padre: magari il padre viveva sotto lo stesso tetto del figlio, magari provvedeva ai suoi bisogni materiali, ma era mancante dal punto di vista affettivo, educativo.
Dall’altro lato possiamo incontrare delle persone orfane di padre materiale, che hanno invece ben presente la figura e il ruolo del padre senza averlo nemmeno conosciuto.
La società senza padre, le disillusioni e le delusioni della vita non confortate da un sostegno possono aver prodotto nelle persone la ricerca romantica e idealizzata di un padre.
Pensiamo a questo proposito ad alcuni tipi di relazioni che si instaurano basate sulla ricerca di un partner che funga da padre e magari restauri una infanzia ferita e guarisca le ferite antiche ancora aperte.
Negli ultimi anni tuttavia, dopo il vuoto lasciato dall’eclissi del padre, è emersa una nuova figura che è quella del padre-mamma.
Negli anni i padri hanno infatti appreso appieno a svolgere le funzioni dette di accudimento materno. Vale a dire il padre che ha acquisito una capacità di cura e di attenzione qualitativamente e quantitativamente al pari con la madre.
Guardando bene si tratta però di un fatto che va al di là del semplice aspetto materiale di aver imparato delle mansioni che erano prima esclusivamente materne.
Il figlio o la figlia, prima o poi frustrati dai divieti della madre si rivolgono al padre-mamma come ad un rifugio di affetto e di cure senza limiti, alla ricerca di protezione dal mondo. Quindi il padre-padrone il padre-despota famigliare ha lasciato il posto al padre-mamma.
Quindi tutto bene? Fin troppo in realtà! Secondo alcuni psicoterapeuti la figura del padre-mamma si è svuotata completamente della sua componente conflittuale la quale è però uno stimolo e una sfida al figlio per indurlo al superamento e alla maturazione.
Il rischio della figura maternalizzata del padre è quello di colludere troppo in definitiva con il figlio e questo diviene ancora più drammatico con l’avanzare della crescita.
In conclusione, il padre, al di là dell’aver acquisito delle mansioni di accudimento, che tra l’altro sono preponderanti nella tenera età dei figli, non deve abdicare al suo ruolo di autorevolezza. Chiaramente il padre rimane fondamentale perché il figlio figlia realizzino il senso del limite e maturino la loro identità personale, in particolare nel periodo critico dell’adolescenza.