Il Sacro Cammino
Camminare verso una meta sacra
Camminare verso una meta sacra
Gli antropologi e gli archeologi hanno osservato come le prime forme di religiosità a noi note fossero strettamente connesse al culto dei morti. A questo proposito, i reperti relativi alle modalità di sepoltura fanno immaginare come gli uomini antichi concepissero la morte come un passaggio.
Il pensiero della morte è sempre stato per l’uomo motivo di ansia di e angoscia nei confronti di un evento futuro, di certo prevedibile, ma incerto nei tempi e nelle modalità.
Tale pensiero ha portato l’uomo a porsi domande sulla propria fine e sul senso della vita: la paura della morte e l’angoscia che ne conseguono hanno trovato e trovano tutt’oggi risposte nelle esperienze religiose.
Il concetto di religione si basa sull’esperienza del sacro, ovvero sull’esperienza dell’uomo che si pone in relazione con il mistero di ciò che è percepito, ma razionalmente inconoscibile.
Secondo Rudolph Otto (1869-1937) il sacro può essere inteso come il buono e il bene allo stadio più puro.
Egli ha riscontrato che in tutte le religioni, il sacro presenta tre caratteristiche tipiche:
L’uomo vive la propria religiosità e la dimensione del sacro attraverso tre modalità: credenze, pratiche e comportamenti rituali, esperienze spirituali.
Le esperienze spirituali e mistiche permettono di raggiungere stati di coscienza modificati e, se ripetute nel tempo, variare i tratti di personalità. Gli stati di coscienza modificati insorgono in seguito a pratiche quali, per esempio, preghiere ripetute e meditazioni e hanno una durata in genere breve e limitata nel tempo.
In particolare i riscontri di coloro che hanno vissuto intense esperienze spirituali, permettono di asserireche viene modificata la modalità di concepire il mondo, instaurandosi un maggior senso di benessere, calma, pace.
Nel complesso, sul sacro cammino migliora la consapevolezza di sé e del mondo circostante.
James osserva come normalmente, nella vita religiosa, i due poli di interesse per l’uomo sono costituiti dalla felicità e dall’infelicità. Le religioni indicano vie da percorrere che, se seguite, sono in grado di produrre la felicità.
Gli uomini hanno solitamente la naturale tendenza a credere in ciò che procura loro felicità, dunque la felicità diventa una prova della validità della credenza religiosa che l’ha fatta sorgere.
La felicità religiosa alla quale James si riferisce si manifesta come un’emozione invincibile, che dà forza, entusiasmo, un potente senso di liberazione e, nei casi estremi, può giungere a un ottimismo patologico.
La pratica di esperienze spirituali e mistiche tocca nel profondo la dimensione affettiva ed emotiva dell’uomo. Le emozioni hanno il potere di far cambiare le persone e, per questa ragione, sono fondamentali per intraprendere un percorso di crescita personale.
Da un punto di vista metodologico è importante distinguere le emozioni dall’umore e le emozioni dai sentimenti. Le emozioni sono una risposta dell’organismo a determinati stimoli e durano poco. L’umore ha sempre a che fare con la dimensione affettiva, e consiste in un’inclinazione durevole a vivere l’affettività. L’umore dura di più delle emozioni e può influenzare per più tempo le funzioni cognitive dell’uomo.
Occorre specificare anche come le emozioni non sono nettamente distinte tra di loro. Se ci osserviamo nelle nostre situazioni quotidiane, vediamo come le emozioni si dispiegano in molteplici tonalità con un continuum di piacere – dispiacere, positività – negatività.
Alcune emozioni in particolare fanno parte dell’esperienza vissuta dal pellegrino a piedi: entusiasmo, gioia, paura, disgusto.